Refik Anadol: l’intelligenza artificiale a servizio dell’arte

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La tecnologia si è sviluppata parecchio, portando tutto e tutti ad un necessario adattamento. Anche l’arte ha subito una grande influenza: è un esempio quello di Refik Anadol, artista multimediale. Cosa vuol dire artista multimediale? Refik usa i dati come pigmento e dipinge con un pennello pensante, un pennello guidato dall’intelligenza artificiale. Usando gli spazi architettonici come tele e collaborando con le macchine, crea sogni ed allucinazioni in cui gli edifici sono protagonisti.

La storia di Refik Anadol

Refik Anadol è un media artist, designer e regista nato nel 1985 a Istanbul, in Turchia. Oggi vive e lavora a Los Angeles, California. È docente e ricercatore in visita presso il Dipartimento di Design Media Arts della UCLA (University of California, Los Angeles).

Ad otto anni Refik assiste per la prima volta al potere dell’immaginazione quando sua madre portò a casa una videocassetta del film fantascientifico Blade Runner. Refik ricorda di essere stato ipnotizzato dalla straordinaria visione architettonica del futuro di Los Angeles, un luogo che non aveva mai visto prima. Da quell’esatto momento ha intuito che c’era qualcosa che lo attraeva e coinvolgeva in modo totale. Consegue così una laurea in fotografia e video e un master of fine arts in Visual Communication Design presso la Istanbul Bilgi University. Nel 2012 si trasferisce poi a Los Angeles.

Due anni dopo aver conseguito un master of fine arts in Media Arts presso la University of California, Los Angeles, fonda il Refik Anadol Studio. Invita architetti, informatici, scienziati dei dati, neuro-scienziati, musicisti e persino narratori a unirsi nella realizzazione dei suoi sogni di cui i dati sono pigmento. Così iniziano a concepire quella che chiameranno poetica dei dati.

Gli interni del Refik Anadol Studio durante una giornata di lavoro
Cool Hunting – Studio visit: artist Refik Anadol, Kyle Raymond Fitzpatrick

I premi

Nel corso degli anni Refik ha ricevuto numerosi premi, tra cui il Microsoft Research’s Best Vision Award e il Google’s Art and Machine Intelligence Artist Residency Award.

Le sue opere sono state esposte in tutto il mondo all’interno dei più importanti luoghi ed eventi artistici. Le sue visioni sono divenute installazioni in “vetrine espositive” come la Biennale di Design di Istanbul, Ars Electronica. Il più antico e, forse, prestigioso evento digitale europeo.

Nel 2019 la Biennale di Firenze ha conferito a Refik Anadol il Premio “Lorenzo il Magnifico” alla Carriera per l’installazione d’arte e le nuove tecnologie. La Giuria ha assegnato il riconoscimento (citiamo):

“in virtù della sua opera straordinariamente innovativa, che trae origine da un processo creativo improntato alla sperimentazione, combinando nuovi media, performance, arti visive e architetture.”

Nell’anniversario della morte di Leonardo, Firenze ha premiato un erede di quello spirito multiforme, che fonde visual e scienza in un’arte fatta di percezioni paradossali. Per l’occasione l’artista turco, naturalizzato americano, aveva esposto Melting Memories, un’installazione dinamica dall’estetica primordiale e affascinante:

Nel corso della sua carriera è stato numerose volte invitato come docente ospite o artista in residenza. Le residenze artistiche sono luoghi dove gli artisti possono dedicarsi a tempo pieno al loro lavoro. Generalmente sono sovvenzionate da fondazioni e centri culturali che mettono a disposizione spazi, alloggi, materiali, consulenza e, a volte, un sostegno economico. All’interno di questi luoghi i residenti possono condividere il loro percorso con altri artisti, spesso provenienti da discipline diverse, e con la comunità locale. Normalmente la residenza termina con una mostra, uno spettacolo, un concerto, una lettura degli artisti ospiti.

L’arte di Refik Anadol

Refik lavora nel campo dell’arte site-specific pubblica. Questa denominazione si riferisce ad una modalità di presentazione e fruizione dell’arte che entra nel tessuto sociale e nella struttura urbana della città; il termine site-specific è generalmente usato per indicare un’opera che si inserisce in un preciso luogo ed è pensata per esso.

L’interazione tra quest’arte e l’ambiente circostante è stretta. Le opere sono pensate appositamente per il luogo e sono direttamente connesse con esso. Si allontanano dall’idea di monumento in quanto hanno fini comunicativi, mai celebrativi…

Queste opere sono concepite in relazione ad uno spazio che esiste a prescindere dall’opera d’arte. Portare l’arte sul territorio pubblico rappresenta l’occasione di far uscire la creatività dai luoghi ad essa deputati; porla a stretto contatto con un pubblico ampio e allo stesso tempon caratterizzando o rivalutando l’ambiente cittadino.

In particolare, le opere di Refik esplorano lo spazio tra entità digitali e fisiche creando una relazione ibrida tra architettura e arti mediatiche. Le sue produzioni sfruttano l’intelligenza artificiale approcciandosi alla scultura parametrica di dati e a performance audio/video dal vivo, attraverso installazioni immersive.

Esse inglobano software e paradigmi di intelligenza artificiale. Attraverso forme plastiche e fusione tra digitale e architettura, suggeriscono realtà alternative, spazi onirici e spazi con mix di interni ed esterni.

Sono opere fortemente sintonizzate con quest’epoca di realtà aumentata: avvolgono gli spettatori e li trasportano in dimensioni poetiche dinamiche. Le opere sono spesso in movimento, alimentate da vitalità e contrasti, disegnando mondi sconosciuti.

Per Refik gli spazi pubblici rappresentano un palcoscenico importante perché, per usare le sue parole:

…non c’è tempo. Non c’è inizio, non c’è porta, non c’è soffitto né pavimento, c’è solo vita.

L'opera WDCH Dreams di Refik Anadol a Los Angeles
Refik Anadol – WDCH Dreams

Il pensiero artistico

Refik Anadol è incuriosito dai modi in cui le traformazioni della cultura contemporanea richiedano la creazione di una nuova estetica, tecnica e percezione dinamica dello spazio. La creatività dell’artista prende forma in sculture digitali di stampo architettonico, innervate da flussi di dati e algoritmi che regalano performance suggestive.

Refik costruisce le sue opere sulla reazione e sulle interazioni del soggetto nomade con orientamenti spaziali non convenzionali. Per farlo utilizza i dati e l’intelligenza artificiale e incorporando le arti mediatiche nell’architettura. Si interroga sulla possibilità di un futuro architettonico post-digitale in cui non esistono più realtà non digitali. Invita gli spettatori a visualizzare realtà alternative e presenta loro possibili ridefinizioni funzionali delle formazioni architettoniche interne ed esterne. Il lavoro di Refik suggerisce che tutti gli spazi e le facciate abbiano grande potenziale e che i media artist possano utilizzarle come tele.

Privilegiando la differenza piuttosto che la singolarità e il movimento piuttosto che la stasi, Refik affronta le nuove sfide imposte dal graduale sviluppo di un ambiente immersivo arricchito e dell’ubiquitous computing.

L’artista integra i media nelle costruzioni, traduce la logica della nuova tecnologia mediatica nel design spaziale. Il suo biettivo è rispondere a tre domande principali: come sta cambiando la nostra esperienza dello spazio ora che gli oggetti digitali come gli smartphone hanno colonizzato la nostra vita quotidiana? In che modo le tecnologie dei media hanno cambiato la nostra concettualizzazione dello spazio? Come l’architettura ha abbracciato queste mutevoli concettualizzazioni?

Ritratto di Refik Anadol by Kyle Raymond Fitzpatrick
Cool Hunting – Studio visit: artist Refik Anadol, Kyle Raymond Fitzpatrick

Alcune opere importanti di Refik Anadol

Virtual Depictions: la prima opera in uno spazio pubblico

Virtual Depictions è un progetto di arte pubblica commissionato dalla città di San Francisco. È costituito da una serie di sculture di dati parametrici che raccontano la storia della città e delle persone che ci circondano. All’interno di questo approccio artistico unico si sviluppa la collaborazione con John Kilroy e Skidmore, Owings & Merrill LLP Architects.

L’opera vuole definire una nuova poetica dello spazio per il XXI secolo, attraverso le arti mediatiche e l’architettura. È un’unica scultura che attraversa le trasformazioni del media wall del 350 Mission. Una scultura di dati parametrici con un’intelligenza, una memoria e una cultura. L’obiettivo era quello di creare un’esperienza incentrata in una narrazione meticolosamente astratta e cinematografica. Il risultato è uno spettacolare evento pubblico che crea connessioni dirette e fantasmagoriche con l’ambiente circostante attraverso giustapposizioni simultanee. Una rete fluida di connessioni della città stessa. Un’esperienza estetica che trascina il pubblico all’interno di uno spazio urbano vivo. L’opera dimostra come i dati invisibili della nostra vita quotidiana possano essere resi visibili e trasformati in una conoscenza sensoriale da sperimentare collettivamente. Refik e il suo team utilizzano algoritmi generativi per trasformare velocità, raffica e direzione del vento in un pigmento di dati etereo. Il risultato è un’esperienza meditativa ed al contempo speculativa.

Bosphorus

Bosphorus rappresenta un tentativo di mettere in discussione la nostra capacità di immaginare gli eventi naturali. È una scultura composta da dati cinetici raccolti sulla superficie del Mar di Marmara a intervalli di 30 minuti. I dati sono stati dal Turkish State Meteorological Service con un radar ad alta frequenza.

Refik e i suoi colleghi hanno utilizzato una raccolta di dati di 30 giorni di attività per creare un’esperienza poetica unica. Il risultato ottenuto con l’aiuto di un’intelligenza artificiale, è la proiezione su un media wall del movimento dinamico del mare; l’installazione immerge il fruitore in una vista marittima sintetica e calma, ma in continua evoluzione.

All’interno di quest’opera è quasi come se il dipinto L’onda di Paul Gaguin si animasse e prendesse vita. Un quadro animato in cui i dati si sostituiscono alle esperienze da marinaio del pittore francese. Le evoluzioni delle onde all’interno di Bosphorus esprimono perfettamente l’idea “gaguiniana” di un mare potente e vivo come una belva che non può essere addomesticata

Archive Dreaming

Per me, immaginare l’architettura va oltre il vetro, il metallo o il cemento, sperimentando invece le più avanzate possibilità di immersione e modi per aumentare la nostra percezione negli ambienti costruiti.

Incaricato di lavorare con le collezioni di SALT Research, Refik ha impiegato algoritmi di apprendimento automatico per scovare le relazioni tra 1,7 milioni di documenti.

Sviluppo dell’opera

Poco dopo aver ricevuto la commissione, Refik è stato un artista residente per il programma Artists and Machine Intelligence di Google. Qui ha collaborato con Mike Tyka ed esplorato gli avanguardistici sviluppi dell’intelligenza artificiale in un ambiente che riunisce artisti e ingegneri. Sviluppato durante questa residenza, il suo intervento Archive Dreaming ha trasformato lo spazio della galleria al piano -1 di SALT Galata. Il frutto del lavoro è un ambiente onnicomprensivo che intreccia storia e contemporaneo sfidando e destabilizzando i concetti immutabili dell’archivio attraverso algoritmi di apprendimento automatico.

Una delle nostre ispirazioni durante questo processo è stato un racconto chiamato “La Biblioteca di Babele” dello scrittore argentino Jorge Luis Borges. Nella storia, l’autore concepisce un universo sotto forma di una vasta biblioteca contenente tutti i possibili libri di 410 pagine di un certo formato e set di caratteri.

Attraverso quest’immagine, Refik e i suoi collaboratori hanno immaginato un modo per esplorare fisicamente i vasti archivi di conoscenza nell’era dell’intelligenza artificiale. Le interazioni multidimensionali dei dati degli archivi sono stati tradotti in un’installazione immersiva. Lo spazio architettonico temporaneo è stato utilizzato come una tela, e luce e dati come materiali.

Risultato

L’idea era quella di riformulare memoria, storia e cultura dell’odierna percezione museale attraverso la lente dell’intelligenza artificiale. Archive Dreaming trasforma profondamente l’esperienza di una biblioteca. Pur essendo guidata dall’utente, quando è inattiva l’installazione sogna, immagina, crea correlazioni inaspettate tra i documenti dell’archivio. I dati e le interazioni ad alta densità che ne risultano sono tradotti in uno spazio architettonico immersivo in continuo mutamento. Questi risultati sono stati ottenuti addestrando una rete neurale con le immagini di 1,7 milioni di documenti,

L’opera di Refik rappresenta lo sforzo radicale di decostruire la struttura di uno spazio illusorio trasgredendo gli ordinali confini dell’esperienza visiva di una biblioteca e il convenzionale schermo piatto di proiezione cinematografica. L’obiettivo era creare uno spazio tridimensionale cinetico e architettonico di un archivio visualizzato con algoritmi di apprendimento automatico.

Melting Memories: un omaggio familiare

La mostra Melting Memories visualizza, attraverso diversi progetti, il momento del ricordo. L’ispirazione nacque quando Refik scoprì che a suo zio era stato diagnosticato l’Alzheimer.

Sviluppo dell’opera

A quel tempo, riuscivo a pensare solamente a trovare un modo per celebrare come e cosa ricordiamo quando siamo ancora in grado di farlo. Ho iniziato a pensare ai ricordi non come a una scomparsa, ma a uno scioglimento o un mutamento di forma.

L’artista ha pensato a come i ricordi non siano statici, ma interpretazioni in continua evoluzione di eventi passati. Per poi riflettere su come le macchine potrebbero simulare eventi inconsci e subconsci, come il sogno e le allucinazioni.

Refik ha quindi iniziato a lavorare con gli scienziati del Neuroscape Laboratory presso l’Università della California a San Francisco. All’interno dei laboratori gli è stato mostrato come captare e comprendere i segnali cerebrali mentre vengono creati i ricordi. Le opere d’arte generate dai dati EEG (elettroencefalogramma) esploravano la materialità del ricordo, tessendo arte visionaria, memoria e ricordo insieme in tributo a ciò che lo zio di Refik, come tante altre persone, aveva perso.

Melting Memories è frutto di nuove intuizioni sulle possibilità estetiche che emergono intersecando tecnologia avanzata e arte contemporanea. La mostra ha immerso i visitatori in una visione creativa realizzata dalla traduzione dei dati raccolti dall’elusivo processo di recupero della memoria.

Risultato

La scienza dichiara i significati; l’arte li esprime

John Dewey

Così il filosofo americano traccia una curiosa distinzione tra quelli che lui considera i principali modi di comunicazione delle due discipline. Le dichiarazione espressive offerte da Refik all’interno di Melting Memories, attraverso opere rivelatrici e contemplative, sembrano voler rispondere alla tesi di Dewey.

I dipinti di dati, le sculture di dati aumentati e le proiezioni di luce permettono ai visitatori di sperimentare le interpretazioni estetiche dell’attività interna al cervello umano. Ogni opera nasce dagli esperimenti dell’artista con gli strumenti tecnologici avanzati forniti dal Neuroscape Laboratory, un centro per la ricerca scientifica sul funzionamento del cervello. Mediante la misurazione delle variazioni delle onde cerebrali, Refik raccoglie dati sui meccanismi neurali del controllo cognitivo e prove sul funzionamento del cervello nel tempo. Questi dati vengono utilizzati dagli algoritmi unici di cui l’artista si serve per costruire le strutture visive multidimensionali in mostra.

Il titolo della mostra si riferisce alle interconnessioni colte da Refik tra opere filosofiche, indagini accademiche e opere d’arte che hanno come soggetto la memoria. Le installazioni della mostra si rivolgono anche agli studi della memoria umana dagli antichi egizi a Blade Runner 2049.

Il titolo richiama inoltre l’attenzione sulla fusione tra neuroscienze e tecnologia. Mette in discussione l’emergere di un nuovo spazio in cui l’intelligenza artificiale non è in conflitto con l’individualità e l’intimità.

Uno degli schemi di svilupo di Melting Memories
Refik Anadol – Melting Memories

Machine Hallucination

I più recenti esperimenti di realtà sinestetica di Refik tentano di rispondere alle domande formali ed estetiche su come rappresentare la realtà, la totalità e la profondità dell’immaginazione umana. Perché raccogliamo, registriamo e condividiamo le nostre esperienze quotidiane? Il poeta Stéphane Mallarmé provò a rispondere così:

In fondo il mondo é fatto per finire in un bel libro.

E, rivisitando proprio questa affermazione, Susan Sonntag ha scritto nella sua raccolta di saggi del 1977, On Photography:

Oggi tutto esiste per finire in una fotografia.

Quest’affermazione è oggi più che mai vera ed è forse questo che Refik ricerca nuove connessioni tra narrazione visiva, istinto archivistico e coscienza collettiva.

Machine Hallucination si concentra su esperienze cinematografiche derivate dalle rappresentazioni di memorie urbane re-immaginate dall’intelligenza delle macchine. Il progetto dà così vita ad una nuova forma di narrazione sinestetica. Attraverso la manipolazione su diversi piani di un vasto archivio visivo, l’opera supera i limiti convenzionali della telecamera e delle tecniche cinematografiche esistenti.

Refik paragona l’output ottenuto ai ricordi rimescolati di un sogno umano. L’artista ha utilizzato un processo simile per creare le immagini oniriche proiettate sulla Walt Disney Concert Hall di Frank Gehry. Tuttavia dichiara che Machine Hallucination è “il punto più alto” della sua esplorazione con l’intelligenza artificiale. Per creare il progetto è stato addestrato l’algoritmo StyleGAN, uno strumento open-source creato dalla società tecnologica NVIDIA di cui abbiamo parlato nell’articolo “GAN: l’algoritmo che imita la creatività”.

Il ponte di Brookly disegnato dall'AI a partire dalle immagini raccolte sui social
Refik Anadol – Machine Hallucination : NYC

Sviluppo dell’opera

Per lo spazio d’arte digitale Artechouse, Refik ha presentato un universo di dati di New York City in 1025 dimensioni latenti. Un universo creato impiegando lo strumento di NVIDIA sui ricordi fotografici di New York City. In un intervista per Dezeen l’artista ha detto:

“Ho pensato che sarebbe successo se avessi preso lo stesso algoritmo per simulare memorie architettoniche sintetiche della città di New York…”

E ha poi aggiunto:

“Quindi è un modo piuttosto affascinante di raccogliere dati e usare l’IA per raccontare il mondo invisibile, le memorie culturali collettive invisibili di New York.”

“Si può creare qualsiasi edificio da qualsiasi prospettiva disponibile per vedere l’invisibile della città.”

Per raggiungere questo obiettivo, l’artista turco e i suoi collaboratori hanno utilizzato un algoritmo per setacciare internet alla ricerca di immagini di New York City pubblicamente disponibili nei social network, generando alla fine un database di 213 milioni di immagini. Successivamente, un altro algoritmo è stato utilizzato per rimuovere tutte le immagini di persone, lasciando solo l’ambiente costruito. Alla fine solo 9,5 milioni di immagini sono rimaste utilizzate dall’AI per imparare e sognare.

I sogni della macchina che ha memorizzato le informazioni sono state utilizzate dall’algoritmo StyleGAN per visualizzare il mondo onirico della macchina, rendendo visibile l’invisibile. Le immagini create dall’intelligenza artificiale rappresentano edifici newyorkesi, numeri e lettere che vengono riprodotti come attraverso un filtro. Queste rappresentazioni vengono accompagnate da forme glaciali più astratte che comprendono pixel colorati e corposi. Le immagini sono state utilizzate per produrre un film che tenta di esporre ciò che potrebbe accadere in uno stato in cui l’intelligenza continua a raccoglie e imparare dai dati. Refik ha contribuito in prima persona a creare l’output risultante:

‘Fondamentalmente, come un artista ho preso il mio pennello, e l’ho infilato nella mente della macchina e dipingo l’architettura con la coscienza della macchina”

Il risultato

L’opera d’arte risultante è un cinema sperimentale di 30 minuti, presentato in risoluzione 16K, che visualizza la storia di New York attraverso le memorie collettive della città. Memorie che costituiscono la sua coscienza nascosta.

Il film è proiettato sui pavimenti e sulle tre pareti della galleria. Uno spazio di oltre 500 metri quadrati che occupa un vecchio locale caldaia situato nel Chelsea Market. Le immagini sono state accompagnate dall’audio che l’intelligenza artificiale ha creato sulla base di registrazioni e trasmissioni pubblicamente disponibili dei suoni reali della città. I visitatori sono invitati a sdraiarsi sui cuscini e godersi il film che viene riprodotto a ripetizione nella galleria.

La mostra non racconta la storia della New York di oggi ma tenta di prevedere ciò che potrebbe avvenire. L’intelligenza della macchina che cerca di ricostruire la storia tra il presente e una possibile visione del prossimo futuro, . È una visione speranzosa sull’evoluzione del rapporto tra macchina e uomo, che fornisce un’alternativa alla convenzionale narrazione di un futuro apocalittico.

Machine Hallucination offre un contesto unico per esplorare una realtà alternativa. È un’esperienza divertente e coinvolgente, in cui l’allucinazione della macchina tenta di espandere la nostra capacità di sognare e di aiutarci a immaginare cose che altrimenti non potremmo.

Il lavoro di Refik durante la pandemia

La pandemia ha fermato la realizzazione di opere in formati diversi dall’arte site-specific che caratterizzano Refik. Tuttavia, secondo l’artista, il rallentamento della vita lo ha aiutato nei lavori ed esperimenti. La vita prima era veloce, con lunghe liste di cose da fare, che lo trascinavano sempre da qualche parte.

Durante il lockdown, l’artista e il suo team hanno svolto ricerche sugli algoritmi e iniziato a lavorare con una rete neurale. Una rete addestrata con 70 milioni di foto che sogna la natura. Cosa accadrebbe se l’AI potesse simulare la natura per noi? L’obiettivo è ricreare esperienze e sensazioni simili a quelle che si possono avere durante un’escursione o un campeggio in mezzo alla natura. Stare nella natura è incredibile, ma ci sono momenti in cui non è possibile sperimentarlo, come durante la quarantena. Negli Stati Uniti era molto comune, almeno in California, godersi la natura, fare escursioni… ma durante questi mesi è diventato spesso impossibile.

Come si può usare l’intelligenza artificiale per reinterpretare un mondo che non possiamo vedere o toccare, creando la sensazione di essere lì? Alla risposta stanno lavorando Refik e i suoi collaboratori.

Un altro lavoro in sviluppo è la collaborazione al progetto Human Connectome, il più grande database di neuroscienze al mondo che consente di esaminare i modelli del cervello umano. All’interno di questo archivio sono catalogati set di dati raccolti con scansioni cerebrali di più di 4500 persone, dai 6 mesi ai 105 anni. Lo scopo di Refik non è solo un lavoro figurativo, ma anche immaginario. Ha già provato a raccontare cosa succede quando ricordiamo, ma cos’altro accade quando impariamo? Cosa succede quando immaginiamo o sogniamo? Riusciamo a cogliere questi momenti? L’obiettivo del lavoro è di rispondere a queste domande.

Quantum Memories

Da febbraio dello scorso anno, Refik e il suo team hanno cominciato a lavorare anche con il quantum computing. Speculando con la meccanica quantistica, si cerca di capire cosa accadrà quando il calcolo quantistico inizierà a interferire con l’umanità. Chi definirà ciò che è reale? Cosa accadrà ai nostri ricordi e ai nostri sogni? Se la scienza dimostra che esistono realtà alternative, che esistono più dimensioni, come riusciremo a sapere dove siamo? In risposta a queste domande sono nate molte teorie; di alcune parliamo all’interno dell’articolo La nostra vita è una simulazione artificiale?.

Da queste sperimentazioni nasce il progetto Quantum Memories. L’ultimo lavoro di Refik e il suo team. Un’opera che utilizza algoritmi di apprendimento automatico per analizzare più di 200 milioni di immagini naturali online e mostrarle in video in tempo reale. Il lavoro è stato prodotto per la mostra Triennale della NGV (National Gallery of Victoria), la più grande presentazione di arte contemporanea di Melbourne. La mostra, che ospita 86 progetti di più di 100 artisti, designer e collettivi internazionali, si concluderà ad aprile 2021.

Quantum Memories è l’indagine sull’intersezione tra gli esperimenti AI Quantum Supremacy di Google, l’apprendimento automatico e l’estetica della probabilità. Un’indagine su scala epica svolta da Refik Anadol Studio ed esposta sul più grande schermo a LED che NGV ha utilizzato finora. I progressi tecnologici e digitali potrebbero essere definiti dalla smania dell’umanità di inviare le macchine in posti dove gli umani non potrebbero mai andare. Luoghi come gli spazi all’interno delle nostre menti e i non-spazi dei nostri atti inconsci o subconsci. Refik spera che le memorie quantistiche” diano una rappresentazione alternativa del nostro mondo e della natura che non può essere immediatamente accessibile dalla mente umana.

Il progetto nello specifico

Quantum Memories utilizza i dati e gli algoritmi di ricerca sulla computazione quantistica più all’avanguardia e pubblicamente disponibili. L’opera vuole esplorare un possibile mondo parallelo. Una finestra su una dimensione alternative del mondo naturale, ottenuta elaborando circa 200 milioni di immagini della natura e del paesaggio attraverso l’intelligenza artificiale. Utilizzando il più sofisticato computer disponibile, una serie di algoritmi permettono di ipotizzare modalità alternative e creare nuovi set di dati generati dal rumore quantistico. Dati utilizzati come elementi costitutivi di un’opera visiva in 3D. L’accompagnamento sonoro è un’esperienza audio, basata anch’essa su dati generati dal rumore quantistico, che offre un’esperienza immersiva che sfida ulteriormente la nozione di esclusività. Il progetto è una speculazione ispirata dall’Interpretazione dei Molti Mondi della fisica quantistica. Una teoria che sostiene l’esistenza di diversi mondi paralleli che esistono nello stesso spazio e nello stesso tempo del nostro.

L’opera fornisce un’esperienza estetica interattiva attingendo alle fluttuazioni casuali del rumore quantistico come un unico insieme di possibilità e previsioni. I movimenti del pubblico vengono tracciati in tempo reale e l’opera d’arte continua ad evolvere intrecciando le posizioni degli osservatori in risultati visibili.

Quantum Memories di Refik Anadol
Refik Anadol – Quantum Memories

Le idee di Refik Anadol sul futuro

Yuval Noah Harari ha descritto un futuro in cui gli esseri umani si allontanano dall’essere “umanisti” e avvicinandosi più ad una sorta di “dataismo”. Un futuro dove gli uomini si baseranno così tanto sui dati che alla fine non avranno più bisogno di fare affidamento su sentimenti ed istinti. Nonostante l’idea che una macchina possa renderci sempre più consapevoli di ciò che circonda, Refik pare condividere questo pensiero.

Secondo l’artista, l’intelligenza artificiale è in grado di aiutare persone con difficoltà cognitive, come chi è affetto da Alzheimer. Può aiutarci a combattere problemi come il cambiamento climatico. Tuttavia Refik crede che se da un lato stiamo ottenendo qualcosa di completamente prezioso per l’umanità, dall’altro l’umanità sta perdendo le cose più preziose, come il nostro libero arbitrio, la nostra coscienza, e quindi i nostri ricordi. L’artista crede che la colpa sia quella di esserci abituati a lasciar fare quando avremmo ancora la possibilità di speculare sui possibili sviluppi della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, e di combattere per migliorare le cose. Per come sta progredendo lo sviluppo tecnologico però, l’umanità sembra pendere per il lasciar fare in maniera inconsapevole e incontrollata. Il libero arbitrio comincia già a cadere nel controllo delle macchine e dei sistemi.

Umanismo e dataismo si combattono una persona

Come ben spiegato anche all’interno del docu-drama The Social Dilemma, se la macchina sa dove vado, cosa compro, cosa mi piace commentare, condividere… se la macchina sa tutto o quasi di me, diventa estremamente facile e semplice manipolare il libero arbitrio di qualcuno con una banale notifica. Ne abbiamo parlato anche noi nell’articolo Privacy e quotidianità. Come i dati possono impattare la nostra vita.

Copertina del docu-drama "The Social Dilemma"
The Social Dilemma – Netflix

Focus sulla consapevolezza

In un mondo come questo, nessuno è ancora veramente consapevole del motivo per cui stiamo diventando così. Per questo Refik si affretta nel tentativo di rendere le persone consapevoli di ciò che hanno e apprezzino le sensazioni prima diventino troppo simulate. Praticamente tutto il suo lavoro è incentrato su queste idee. Insieme al suo team lavora con i dati, su come si sente uno spazio. Chiedersi cosa può accadere se un edificio è in grado di sognare, o cosa può accadere se una macchina può imparare o sognare, diventano così domande semplicissime. Cosa accadrà? È la domanda fondamentale in Archive Dreaming o Melting Memories. Molte delle opere di Refik creano questo tipo di speculazioni. L’artista turco crede che domande su cosa accadrà debbano essere continuamente poste, ma rimane fiducioso di poter arrivare a una “utopia”.

Lavorando con l’intelligenza artificiale in numerosi progetti il paragone che Refik ha sviluppato è quello con il fuoco. Quando abbiamo scoperto il fuoco, abbiamo cominciato a fare cose utili come cucinare, ma con esso abbiamo anche creato armi. La stessa cosa vale per l’AI. Con la stessa tecnologia, con lo stesso codice possiamo trovare una cura al cancro o creare l’invenzione più diabolica del mondo. La domanda è dove ti vuoi trovare in questo spettro di possibilità. Vuoi creare un’invenzione diabolica o cercare le idee che miglioreranno il mondo come sapere cuocere il cibo o come trovare una cura per il cancro?

Refik è ottimista e nella sua versione del futuro, le macchine non prevarranno su di noi e non ci distruggeranno. Nel futuro che sogna, le persone hanno più cura per la natura, credono nell’oggettività dell’AI e in essa trovano un’opportunità di risolvere problemi. I robot non ci ruberanno i lavori ma al contrario, ce ne daranno di nuovi. L’artista turco è convinto che modificando la nostra mentalità e partendo dal presupposto che non è possibile collegare l’intelligenza artificiale all’istinto di sopravvivenza, come è stato con il fuoco, un futuro di questo tipo non è pura immaginazione.

Conclusioni

Refik Anadol è un artista internazionale che più di tutti inquadra quello che WeirdlyWired cerca di trasmettere. Le sue opere, invasive ed immersive, dimostrano come la tecnologia abbia ormai superato il limitativo concetto di strumento e pervada appieno le nostre vite. Le invenzioni fantascientifiche che hanno ispirato Refik nel suo lavoro, come il computer senziente Hal 9000 di “2001 odissea nello spazio”, i replicanti semi-umani di “Blade Runner” e la rete virtuale globalmente connessa di “Matrix”, ora non sembrano più così assurdi.

Anche oggi, come nella leggenda greca di Prometeo che rubò il fuoco agli dei per donarlo agli uomini e allo stesso modo nel romanzo di Mary Shelley, dove l’uomo aveva riacceso la scintilla della vita rubandone il segreto a Dio, ad accompagnare indissolubilmente il sogno della creazione c’è sempre un elemento negativo. Una paura oscura e ancestrale come immancabile altra faccia della medaglia: il terrore di perdere il controllo, l’angoscia che la creatura si ribelli al creatore manifestando autocoscienza e autodeterminazione proprie, in grado di capovolgere gli equilibri naturali e sostituire il figlio al padre.

La trasformazione in atto

Se finora magia, letteratura e finzione cinematografica avevano relegato queste creature nel rassicurante mondo dell’immaginazione, oggi la scienza vera (quella che da decenni accumula conoscenze nella robotica, nelle reti neurali e nell’intelligenza artificiale) sembra sul punto di abbattere la barriera, trasportando nel mondo reale nuove macchine dotate di intelligenza. Un’intelligenza non umana che risveglia così gli antichi timori.

Management Today – 5 real dangers of AI, according to the experts, Stephen Jones

Esperti di settori che vanno dalla genetica alla microelettronica, dalla cosmologia alla matematica, dalla fisica all’arte, hanno cominciato a riflettere sul proprio lavoro. Specialisti come Refik, impegnati nella ricerca d’avanguardia in varie discipline, hanno cominciato a parlare apertamente della necessità di vigilare sul rischio di perdere il controllo delle proprie creazioni.

In fondo, la cosa veramente interessante, o preoccupante, è che questo monito rappresenta di per sé un’implicita ammissione che tale possibilità è reale e concreta. La fantascienza diventa nel nostro presente sempre più reale, anche nel suo lato più tragico.

Le opere dell’artista turco rimangono tuttavia un esempio positivo, in cui l’intelligenza artificiale è uno strumento nelle mani dell’uomo. Un pennello in grado di creare luoghi mozzafiato. In grado di colmare o addirittura eccedere quei vuoti emotivi e sensitivi nati dalle alienanti ore passate davanti ai social, o a fare surfing nel web o davanti alla tv.

Refik Anadol. Home

Refik Anadol. About

Varotti C. (2020). Refik Andol: la poesi visionaria dell’intelligenza artificiale. Lo Sbuffo

Gibson E. (2019). Refik Anadol uses AI to create mesmering film of New York City. Dezeen

Keremoglu Y. Un universo di dati fatto di ricordi, IA e architettura. Intervista a Refik Anadol. Digicult

Soprannominato da tutti “birillo” quando era bambino, a causa della sua vivacità nel fare le cose, ora si ritrova ad essere un esemplare di introverso cronico. Il suo essere affetto dalla sindrome della crocerossina si scontra con la parte cinica del suo carattere che lo convince spesso di non essere portato per fare nulla. Da piccolo, infatti, suonava il pianoforte, ma ha mollato perché è convinto di non essere capace. Riccardo è un grande sognatore, nerd e patito di Star Wars (ma dai?). Quando si fissa su qualcosa si salvi chi può: passerà giorno e notte a leggere articoli, senza fare altro.