Una nuova sfida per l’intelligenza artificiale: poesie AI

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L’intelligenza artificiale sembra capace di tutto: trasformare i paesaggi in dipinti, inventare nuovi farmaci o ancora padroneggiare i videogiochi facendo a meno dei tutorial. E scrivere poesia?

Scopriamo insieme le poesie AI.

Poesia AI: testare i limiti dell’intelligenza artificiale

La poesia è un terreno interessante su cui testare i limiti dell’intelligenza artificiale, perché non si può ridurre al semplice atto di accostare parole secondo particolari leggi metriche. Piuttosto, è una forma di arte capace di esprimere «un’immagine, un fatto, un pensiero, un sentimento, una fantasia, che traducono un’esperienza soggettiva o universale» (La Repubblica) e soprattutto di arrivare all’animo di chi legge.
Quindi, l’intelligenza artificiale può anche tentare di imitare i processi di pensiero umani a partire da un ampio corpus di poesie, ma niente assicura che il risultato finale sia una poesia capace di emozionare.

Immagine raffigurante due mani che tengono un libro aperto

Programmazione e poesia

In realtà bisogna considerare che la programmazione e la poesia condividono aspetti molto simili. In effetti, la programmazione è a sua volta una forma di arte che accosta parole secondo precise regole di programmazione e costrutti sintattici, i quali possono essere paragonate alle figure retoriche della poesia. Entrambe le discipline rispettano regole precise, ma senza mettere a freno la creatività umana. In più, sia i programmatori sia i poeti si servono in modo diverso dello stesso linguaggio, quello naturale (e nella programmazione anche del linguaggio macchina, ma solo in un secondo momento).


Non stupisce che molti programmatori siano legati al mondo della poesia. Un esempio è la matematica inglese Ada Lovelace, creatrice del primo algoritmo elaborato espressamente per una macchina e per questo è ricordata come la prima programmatrice al mondo. Non tutti sanno che era la figlia del celebre poeta inglese Lord Byron. In realtà, non ebbe un reale rapporto padre-figlia con il poeta, perché la madre fu costretta a lasciare la casa, portando con sé la piccola Ada, di cui il padre non rivendicò mai il diritto di paternità. Ciononostante, Ada Lovelace approcciava la matematica con una grande immaginazione, astraendola e descrivendola in metafore – così scrive la biografa Betty Toole.

In una lettera alla madre, anche lei matematica, scriveva:

If you can’t give me poetry, can’t you give me “poetical science”?

[Se non puoi darmi poesia, non puoi darmi una “scienza poetica”?]

Dr. Betty Toole, Ada Byron, Lady Lovelace (1815-1852)

Se i fisici sono anche filosofi e viceversa, forse anche i programmatori sono poeti?

L’algoritmo poeta di Jack Hopkins

Quindi, può una macchina incapace di provare emozioni scrivere poesie AI che tocchino l’animo umano? Secondo l’informatico Jack Hopkins dell’Università di Cambridge, la risposta è sì.

The crow crooked on more beautiful and free,
He journeyed off into the quarter sea.
his radiant ribs girdled empty and very –
least beautiful as dignified to see.

Poesia creata dall’algoritmo di Jack Hopkins

Sì, è esattamente quello che immaginate: si tratta di una poesia AI, scritta da un algoritmo che ha imparato a scrivere in versi dopo aver studiato una corpora di libri online di poesia del Ventesimo secolo, che comprendeva circa 7 milioni di parole.
L’algoritmo dell’informatico londinese Jack Hopkins procede in modo seriale, mettendo insieme le parole semanticamente correlate nella stessa riga; dunque, controlla autonomamente se il contenuto è sufficientemente relato nelle sezioni della poesia; se così non fosse, il logaritmo procede con la riscrittura. Inoltre, è possibile impostare un ritmo preciso o temi specifici: ad esempio, se si imposta il tema “desolazione”, il risultato è una poesia AI ricca di angoscia.

The frozen waters that are dead are now
black as the rain to freeze a boundless sky,
and frozen ode of our terrors with
the grisly lady shall be free to cry.

Poesia creata dall’algoritmo di Jack Hopkins

Dai test condotti emerge che solo il 46,2% delle volte gli intervistati sono in grado di discriminare le poesie generate artificialmente da quelle scritte da un essere umano. Tutto sommato è un buon risultato, se si considera che è uno dei primi tentativi di poesia AI.

Poesie AI a prova di poeta?

Se la poesia AI è in grado di ingannare un lettore occasionale, che cosa succede quando il giudice è un poeta? New Scientist sottopone le poesie AI all’esame del poeta moderno Rishi Dastidar, il quale osserva in modo critico che il limite dell’algoritmo è quello della forma. Come spiega Rishi Dastidar, i poeti moderni hanno smesso di pensare alla forma della poesia 70 anni fa e soprattutto possono scegliere deliberatamente se seguire o allontanarsi da tali vincoli formali; al contrario l’algoritmo ne è schiavo.

You can’t be truly creative, if your template is only what has already been written.

[Non puoi essere veramente creativo, se il tuo modello predefinito è solo ciò che è stato già scritto]

Rishi Sastidar in Neural network poetry is so bad we think it’s written by humans di New Scientist

Quindi, per adesso, le poesie AI possono suonare poetiche all’orecchio umano, ma restano aride a livello emotivo. C’è un essenza che ancora non sono in grado di catturare e di veicolare.

Reynolds M. (2017). Neural network poetry is so bad we think it’s written by humans. New Scientist

Ballenger G. (2017). What Happens When an A.I. Program Tries to Write Poetry?. Slate

Marta P. (2019). Ada Lovelace: engines, poetry, and the power of imagination

An Qi ha conseguito una laurea triennale in Scienze umanistiche per la comunicazione tra mille lavori in nero, poveri stage milanesi e articoli di volontariato, perché senza ansia non riesce letteralmente a funzionare. Una volta bambina prodigio, esperta di corsivo e di ascoltare-le-lezioni-mentre-disegna-allegramento-sui-quaderni, oggi cerca di inabissarsi di impegni e di ansie per giustificare la paura del fallimento che la induce a procrastinare fino all’ultimo. Sarà per questo che ha ottime doti di multitasking? Però! però è anche una maniaca perfezionista, quindi il suo sporco lavoro, lo fa e pure bene sia in ambito universitario che lavorativo. Chiedete in giro. Da precisa gifted child quale era, non sa rispondere alla fatidica domanda: «Che cosa vuoi fare da grande?». Copywriter? Forse. Social Media Manager? Di una cosa è certa: TikTok è la sua ultima ossessione, ma è convinta che l’algoritmo ce l’abbia con lei. Magari la grafica? Deve soltanto trovare i soldi per permettersi un corso decente. Solo il tempo lo saprà dire.