Effetto (di) Snapchat

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Gennaio 2015.

Snapchat, allora usato da oltre 75 milioni di persone nel mondo, introduce i filtri che rivoluzionano non solo i social, ma anche la vita di moltissime persone.

Nata nel luglio 2011, Snapchat è un’applicazione sviluppata da tre studenti dell’università di Stanford. Questa consente agli utenti di scambiarsi messaggi, immagino o video che scompaiono subito dopo la visualizzazione. Tra le particolarità di Snapchat nel 2011 c’era la possibilità di modificare con effetti speciali e disegni le foto e i video dopo averli realizzati. Già dal maggio 2012 gli utenti inviavano complessivamente 25 immagini al secondo. Si è arrivato ad un miliardo di scambi complessivi poco dopo un anno dal lancio sull’app store, il 28 novembre.

Le due funzioni più innovative però, sono la possibilità di condividere storie (contenuti visibili a tutti i contatti della propria rete, non solo al singolo destinatario) e quella di applicare filtri alle foto. Queste funzionalità sono state notoriamente copiate sia da social come Facebook e Instagram, ma anche da Twitter e Linkedin.

I filtri inizialmente presentati sull’applicazione erano stati interamente sviluppati dal team di Snapchat. Incentrati su effetti molto vistosi e spesso divertenti, proponevano il cambio di faccia tra due persone davanti alla fotocamera, o l’aggiunta di due orecchie da cane alla faccia dell’utente.

Dal 2018 però, è stata aperta a tutti la possibilità di creare un proprio filtro personalizzato. Sempre più spesso sono emersi filtri estremamente subdoli, in cui le modifiche apportate alla foto sono quasi impercettibili. Quelli più comuni sono filtri che gonfiano le labbra, eliminano difetti del viso, sfinano il naso o ingrandiscono gli occhi.

A gennaio 2020 Snapchat conta 360 milioni di utenti attivi, e l’utilizzo di filtri che “piallano” la faccia è ormai comune.

Ma le conseguenze?

Le conseguenze non sono rimaste solo sui social ma si sono spostate nella vita reale.

Nel 2014 l’American Psychiatric Association ha catalogato un nuovo disturbo mentale, la selfite. Questo si manifesta con il desiderio ossessivo compulsivo di farsi selfie e postarli sui social, così da cercare di compensare la mancanza di autostima.

Nel 2018 poi, il medico cosmetico inglese Tijion Esho ha coniato un nuovo termine: la Snapchat dysmorphia. Indica un disturbo da dismorfismo corporeo (cioè la preoccupazione cronica e immotivata per un un presunto difetto fisico), derivato dall’uso eccessivo di applicazioni come appunto Snapchat. I primi “sintomi” di questo disturbo il medico li aveva notati con l’arrivo di alcune clienti che, invece di presentare come esempio nasi o seni altrui come ideali e a cui assomigliare, avevano iniziato a portare foto di loro stesse modificate dai filtri di Snapchat o da facetune (applicazione più comprata del 2017 sull’app store che permette di stravolgere la faccia nelle foto).

Foto di EveryDayHealth

Il problema di queste applicazioni, secondo il dottor Esho, è che propongono una idea pressoché irrealizzabile di bellezza. Ad esempio non si potrà mai arrivare ad una eliminazione dei pori della pelle, così come invece sembra dalle foto. Lui stesso è arrivato a rifiutarsi di intervenire su alcune clienti perché chiedevano procedure irrealizzabili o che non avrebbero avuto il risultato sperato. Molte delle clienti infatti, più che una procedura al viso hanno bisogno di aiuto professionale per poter risolvere i problemi di dismorfismo corporeo che hanno sviluppato.

E i chirurghi?

Solo nel 2017 il 55% dei chirurgi plastici iscritti all’American Academy of Facial Plastic and Reconstructive Surgery ha affermato che le clienti richiedono un trattamento solo per venire meglio nei selfie. Nel 2016 la percentuale era solamente il 13%.

Dal 2015 al 2019 poi, il numero di procedure per riempire le rughe è aumentato del 63%, quello dell’uso di fillers del 22% e i trattamenti laser per la pelle del 10%. 

Potremmo chiamarlo un effetto (di) snapchat.

Per di più sono sempre più giovani le persone che ricorrono all’aiutino del chirurgo, sempre più spesso under 30.

Un tentativo di contenere il fenomeno l’ha fatto Instagram, che a ottobre 2019 ha impedito di caricare e usare filtri che imitassero piccoli interventi di chirurgia. Nonostante questo non c’è voluto molto prima che ricominciassero a proliferare come se nulla fosse successo.

Come finirà questa storia? 

Secondo i chirurghi non finirà, le micro procedure continueranno ad aumentare e soprattutto a variare, diventando sempre più stravaganti e meno invasive.

Voi le fareste?

Purtill J. (2020). Snapchat dysmorphia’: Selfie filters may be driving young people to plastic surgery study shows. Abc;

Hunt E. (2019). Faking it: how selfie dysmorphia is driving people to seek surgery. The Guardian

Renda S. (2019). La “Snapchat dysmorphia” è essere disposti a tutto per un viso da selfie. Anche a un intervento chirurgico. Huffington Post

Laureata in ingegneria elettronica, decide di lasciare i circuiti per la comunicazione. Nonostante il cambio di rotta, nella vita di Giulia rimangono costanti le passeggiate non più brevi di 10 km, la montagna crescente di libri sul comodino e le birrette la sera. Grande appassionata di città caotiche, sogna comunque vacanze nei luoghi più sperduti della terra, 365 giorni l'anno. Crede nella scienza, nella terra rotonda e nei vaccini (soprattutto quelli per il Covid).